Alessandro Guidi – alessandro.guidi@uniroma3.it
Dobbiamo a uno dei più grandi studiosi europei di preistoria, Gabriel De Mortillet, la definizione di Scarabelli come “alfa e omega della preistoria italiana”.
Di primati, al Nostro, ne vanno riconosciuti tanti, dalla stesura del primo articolo in cui venivano pubblicate selci preistoriche lavorate associate a faune estinte nel 1850 (un fatto ricordato più volte da Pigorini nelle sue “storie” della paletnologia italiana) alla creazione di un primo nucleo del museo di preistoria, a Imola, nel 1858. Non è neanche un caso che Scarabelli sia stato il primo, tra i pionieri della nostra Preistoria, a essere nominato Senatore del Regno d’Italia, nel 1864, giusto premio per chi fu l’esempio vivente (valido ancora oggi!) dell’importanza dell’impegno civile per uno scienziato che non voglia vivere rinchiuso nella torre d’avorio della sua erudizione.
Allo stesso tempo si potrebbe ben definire “omega” la parabola discendente dei naturalisti (da Scarabelli a Regoli, da Foresi allo stesso Gastaldi) che in qualche modo aveva cercato di creare una tradizione di studi preistorici in Italia, coincidente con l’emergere di Luigi Pigorini e delle sue straordinarie capacità politico-organizzative.
Cercherò di sottolineare, assieme ai ben noti contributi di Scarabelli alla conoscenza della preistoria italiana (tra gli altri gli scavi della grotta del Re Tiberio, di Monte Castellaccio e di Toscanella Imolese) il suo profilo internazionale, evidente perfino negli inizi dei suoi studi, quando il suo principale interlocutore era il conterraneo Antonio Toschi, ben inserito in un network di naturalisti italiani e francesi.
Analizzerò infine i necrologi comparsi nelle riviste italiane e straniere, cercando di capire quali fossero gli aspetti dell’opera di Scarabelli più apprezzati dalla comunità scientifica europea.