Massalongo, Scarabelli e la paleobotanica

Guido Roghiguido.roghi@igg.cnr.it

Perché Scarabelli si rivolge a Massalongo? Nel carteggio Massalongo depositato alla Biblioteca Civica di Verona, la prima lettera di Scarabelli è del 1851, quindi ancora agli albori di quel cultore della paleobotanica che diverrà Massalongo nei dieci anni successivi. Di sicuro negli anni seguenti Scarabelli si rivolge a Massalongo con l’auspicio di avere conferma dalle analisi paleobotaniche che il bacino di Sinigallia fosse di acqua dolce!

La figura di Abramo Massalonogo paleobotanico nasce nell’Orto Botanico di Padova sempre intorno al 1851, a stretto contatto con il prefetto Roberto De Visiani e quindi con la possibilità di avere continui confronti tra le flore del passato e quelle attuali, custodite in quel ricchissimo Orto. Questa opportunità sarà quella che permette a Massalongo di approfondire la sua esperienza sulle flore più recenti, ovvero quelle del Cenozoico tra le quali quelle che, a breve, gli proporrà di studiare Scarabelli. Dalla volontà del naturalista veronese di riferirsi per lo studio delle piante fossili a quelle viventi nasce anche la spartizione tra Achille de Zigno, che si occuperà prevalentemente delle flore fossili del Mesozoico, e Massalongo che si occuperà dello studio delle flore più recenti, tra le quali quella di Bolca che risultava al tempo essere una tra le più ricche d’Europa.

Massalongo si farà conoscere per più di 50 lavori di paleobotanica tra i quali appunto quelli che scriverà – dedicando a – oppure – assieme a Scarabelli. L’argomento della collaborazione tra i due sarà la ricca flora fossile del Miocene proveniente dal paese di Senigallia, già segnalata da Passeri nel 1775 e Spadoni nel 1813, ma principalmente descritta da Procaccini Ricci in una serie di epistole scritte dal 1826 al 1841.

Ma cosa ha di particolare la flora fossile del Senigalliese? Si tratta di piante di ambiente umido, che crescevano a fianco di corsi d’acqua dolce, stagni e paludi come anche di zone forestate (Foresta a Lauraceae) e di foreste in rilievi più elevati. Con le sue 330 specie elencate, delle quali 226 nuove, risulta essere per quel tempo un punto di riferimento per le conoscenze paleobotaniche sul Miocene. E Scarabelli e Massalongo ben lo avevano capito!

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