Filippo Maria Gambari – filippomaria.gambari@beniculturali.it
Quando nel settembre 1844 si incontrano probabilmente per la prima volta a Milano, al Congresso degli Scienziati Italiani, l’avvocato Bartolomeo Gastaldi e il conte Giuseppe Scarabelli, pur tutti e due poco più che ventenni e quasi coetanei, vengono da una formazione e da una posizione sociale notevolmente diversa. Gastaldi, pur essendo socio uffiziale della Riunione in quanto rappresentante della Société géologique de France, grazie alla sua perfetta padronanza del francese, alle referenze date dal Prof. Angelo Sismonda e ad un piccolo studio inviato a Parigi con una lettera sulla presenza di fossili nei terreni miocenici della collina torinese, è di fatto un neofita che va a Milano soprattutto per imparare e per sviluppare la sua idea di una rete di collegamento specifico e diretto tra i geologi italiani, attraverso anche l’iscrizione alla Société, con sullo sfondo l’aspirazione di un ruolo naturale di Torino nell’intermediazione tra Parigi e l’Italia, in un contesto sociopolitico in cui la proposta quarantottesca dell’identificazione del Piemonte come guida del movimento unitario italiano era ancora solo un’utopia embrionale e ristretta ad una piccola élite subalpina. Scarabelli ha invece una formazione molto più solida dal punto di vista scientifico: avviato dal padre medico fin dal 1840 agli studi di anatomia a Bologna e poi a Firenze, nel capoluogo toscano si converte definitivamente agli studi di geologia grazie alle lezioni del pisano Paolo Savi e soprattutto del molisano Leopoldo Pilla, docente a Pisa di Geologia e Mineralogia e forse il più influente ed innovativo geologo italiano dell’epoca, autore di manuali fondamentali di geologia e pedologia, che morirà a Curtatone nel 1848 alla testa dei suoi studenti.
Nel 1844 ancora non si parlava di preistoria in Italia: anzi i primi accenni alle scoperte di Antonio Salvagnoli Marchetti, medico ed allievo di Pilla, sulla compresenza stratigrafica di fossili e resti legati all’attività dell’uomo, già preannunciate da Luciano Bonaparte e Pilla alla Quarta Riunione degli Scienziati (Padova 1842), cui il Salvagnoli non aveva potuto arrivare per il diniego del visto di polizia, erano stati poi contrastati e stroncati alla riunione di Lucca del 1843, nella sezione presieduta dal genovese Lorenzo Pareto, che, professore di fama a Genova e tra i fondatori della Société géologique de France, era inizialmente più incline verso i negatori parigini dell’antichità dell’uomo.
Nel repertorio pubblicato nel 1844 a Milano da Ignazio Cantù, L’ Italia scientifica contemporanea, notizie sugli Italiani ascritti ai cinque congressi, non compaiono né Gastaldi, né Scarabelli, né Strobel, né Chierici, eppure nel ventennio seguente saranno Scarabelli e Gastaldi a determinare, sul piano scientifico il primo, su quello organizzativo il secondo, i veri primi passi delle scienze preistoriche in Italia, cui Strobel, Chierici ed infine Pigorini daranno poi una prima compiuta strutturazione. Da qui l’interesse ad un esame incrociato e parallelo dei primi passi dei due studiosi.
Scomparso prematuramente per Covid il 19.11.2020